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sabato 28 luglio 2012

miserere

Miserère mei, Deus, secùndum magnam misericòrdiam tuam.
Et secùndum multitùdinem miseratiònum tuàrum, dele iniquitàtem meam.
(...)
Tunc acceptàbis sacrifìcium justìtiae, oblatiònes, et holocàusta: tunc impònent super altàre tuum vìtulos.


Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia.
Nel tuo grande amore cancella il mio peccato.
(...)
Allora gradirai i sacrifici prescritti, l’olocausto e l’intera oblazione, allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.

(sulla identità delle vittime da immolare nessuno ormai nutre dubbio alcuno.)

venerdì 20 luglio 2012

ricette anticrisi

 
Il paziente deve fare il paziente.
Perché la cura sortisca gli attesi effetti benefici, il paziente deve fare il paziente e il dottore deve fare il dottore, non si possono confondere i ruoli.
Ma la cura è dolorosa.
La cura è dolorosa? Ma si sa, vivaddio, che solo col dolore si può sconfiggere il male: le terapie indolori non sono curative. Sono forse indolori le cure dentarie? Sono forse indolori le siringhe? Sono forse indolori le operazioni chirurgiche? Le amputazioni? 
Il dolore è come il fuoco, come il Purgatorio, riscatta e disinfetta, purga e porta alla redenzione: il dolore è la strada della guarigione.
Ma il paziente soffre, il popolo soffre. 
Si capisce, che soffre: sin qui ha goduto sino ad ammalarsi e ora gli tocca un po' di sofferenza. Ma è a fin di bene, per il suo esclusivo bene, nel suo solo e precipuo interesse.
Ma il paziente si dimena, le piazze si agitano. 
Le piazze? Ma no, le Piazze sono per gli affari.
Le piazze sono agitate.
Se il paziente si agita, occorre contenerlo, come dire, occorre essere persuasivi: il paziente deve comprendere chiaramente che si agisce per il suo bene, e se si rifiuta di comprendere, be’, occorre ammanettarlo alla lettiga e, come dire, sedarlo, ecco, sedarlo.
E operare.

domenica 15 luglio 2012

familismo amorale



(...)  il posto il favore le mani sui coglioni
accompagnare con la macchina i figli a scuola
leggere il giornale sportivo sul frigo del bar
gettare le carte per terra
organizzare con cura la cresima dei figli
fare e ricevere regali orrendi
andare a messa senza crederci
dimenticare i morti
votare gli imbroglioni
uscire alle feste patronali e le sere di agosto
parlare male di chi fa qualcosa di buono
(...)          
                         
   (Franco Arminio)

 

sabato 7 luglio 2012

LAVORO vedi alla voce "repubblica fondata su"

Me lo dicevano di non lasciarmi ACCETTARE sul posto di lavoro.
-          L’ascia, l’ascia. – mi gridavano e io non capivo e mi tenevo stretto il posto di lavoro.
-          Lascia l’ascia  – gridavano a lui, ma non se ne curava.
-          Lascia che gridino – diceva.
Lo avevo appena trovato quel lavoro.
-          Guarda che ti ACCETTERANNO, mi ammonivano.
Ma invano. Io non vedevo SCURE prospettive anche se nell’ombra qualcuno lasciava l’ascetico lascito del lasciar sciogliere l’ascelle nello scialle.
Poi vidi taglienti lame di luce fra le SCURE asce e cominciai a capire e chiamai la Bianca Arma. Per nome.
- Mannaiaaaa!
-          Mannaia  alla miseria -  mi rispose l’eco.  Eco-mediavolo hai fatto a non accorgertene che ti tagliavano?
-          Non sono esperto di armi da taglio.
-          E da cucito?
Esistono le armi da cucito?
le devono inventare ancora. Spiacente, Signore, quest'articolo non ce n'è, non ce n'abbiamo: solo armi da taglio.
I posti di lavoro, si sa, sono cosi teneri che si tagliano con un grissino.
Come il tonno, il lavoro si taglia col grissino, i posti di lavoro coi telegrammi, la coca si taglia col borotalco, il vino si taglia con l’acqua e con il coltello ormai ci si taglia solo la nebbia.
E l’ascia?
Ma L’ASCIA perdere, beviti due SCURE e nun ce penza’. ACCETTA la realtà, MANNAIA a te.

domenica 1 luglio 2012

polo sud a Matera


Già. Una semplice informazione. 
Tema, per altro, della due giorni di “negozio-di-lavoro” svoltosi a Matera sotto il titolo di “Polo Sud, idee per il futuro”.  Un seminario di studi davvero interessante. Per diverse ore alcuni intellettuali al cospetto di una ottantina di persone (metà delle quali erano a rappresentare le istituzioni e l'altra metà erano alcuni dei locali professionals) hanno spiegato come solo la cultura ci possa traghettare fuori dalla crisi e riaprire le porte del futuro. Lo sviluppo deve essere progettato e condiviso dalla cultura mondializzata che unisce i popoli, non li divide; la cultura che riscatta dalla ignoranza e dalla superstizione, magnetizza le idee dal mondo intero e porta le moltitudini al sapere e a progettare un futuro non di sola crescita ma di sviluppo. Bellissimo. Gli applausi erano sinceri e molti sono rimasti ad ascoltare sino alla fine.
Le moltitudini però non c’erano al simposio della cultura. Gli abitanti della candidata Capitale-della-Cultura 2019, tutti, erano assenti, erano fuori a ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-ri-rivedere i riti della Bruna e ad attendere la partita finale Italia contro Spagna per scoprire sul maxischermo chi vince nientepopodimenocchè la coppa Europea dei calci alla palla.